Perché gli agricoltori protestano contro le misure del green deal europeo?
Non è vero che il green deal danneggia produttori e consumatori. Smontiamo alcune delle principali fake news sulla “protesta dei trattori”. Vere e proprie bufale che sanno solo di campagna elettorale, di attacchi gratuiti al green deal europeo e all’ambiente, mentre quello che servirebbe è una forte alleanza tra il mondo agricolo e ambientale.
Le proposte dei trattori di queste settimane che culmineranno oggi a Roma ci raccontano del grande malessere e della profonda crisi che sta vivendo l’agricoltura, legati soprattutto agli effetti della crisi climatica, ai costi di produzione elevati e alla concorrenza sleale. Ma accusare il Green deal di voler affossare il mondo agricolo è incomprensibile.
Si rischia solo di far passare tante fake news, mentre le cause dei problemi agricoli sono altre.
Non è vero che il green deal danneggia produttori e consumatori, è un programma ambientale progettato e creato allo scopo di agevolare i percorsi di decarbonizzazione ed è uno strumento necessario per contrastare gli effetti della crisi climatica: di fatto costituisce il rimedio e non il male. Non è vero che l’utilizzo dei pesticidi è indispensabile a salvare l’agricoltura, la verità è che il loro utilizzo non garantisce di poter contare su una maggiore resa agricola o di salvaguardare le colture ma è dannoso sia per la conservazione degli ecosistemi che per la salute umana e favorisce la dipendenza dalla chimica del modello agricolo attuale. Non è vero che l’Europa obbliga a non coltivare il 4% dei terreni per speculare sul lavoro degli agricoltori, si tratta invece di una misura che nasce allo scopo di favorire la difesa dall’erosione e dal dissesto idrogeologico, l’incremento della fertilità dei suoli e la tutela della biodiversità grazie ad aree incolte, siepi, boschetti, stagni e servizi ecosistemici. Così come è falso pensare che l’Europa voglia sostituire i cibi tradizionali con quelli sintetici. La carne coltivata non è ancora disponibile in Europa e, dunque, in Italia. Al netto di ciò, è bene chiarire che, comunque, non potrebbe sostituire la carne prodotta da allevamento tradizionale. Il vero problema è, infatti, il modello di allevamento zootecnico intensivo che non rispetta il benessere animale e provoca l’inquinamento di acqua aria e suolo.
Quello che serve sono misure concrete a sostegno della transizione ecologica in agricoltura come snellire la burocrazia, garantendo assistenza tecnica e politiche a sostegno del reddito, incentivare l’agroecologia, premiando chi punta sui servizi ecosistemici, lo sviluppo delle rinnovabili per produrre energia, e approvando l’inserimento dei delitti delle agromafie nel codice penale per fermare l’illegalità e la concorrenza sleale del settore
Oggi più che mai il mondo agricolo deve puntare su sostenibilità ambientale e agroecologia se vuole guardare al futuro e rispondere alla crisi climatica che con i fenomeni estremi sta danneggiando fortemente la produzione agricola. Il problema vero non è il Green deal ma la mancanza di reddito e la Politica Agricola comune che per decenni ha distribuito finanziamenti a pioggia e per ettaro, non premiando le buone pratiche ma le grandi aziende a vantaggio dei piccoli e medi agricoltori; infatti l’80% delle risorse è andato al 20% delle aziende. Ci sono già tante realtà virtuose che stanno andando nella direzione giusta e che ci dimostrano che è possibile trovare soluzioni, l’importante è non lasciarle sole e ricordare che l’alleanza tra mondo agricolo e ambientale è la carta vincente.
Il Green Deal, frutto di un ambientalismo estremista, danneggia produttori e consumatori
Falso. Il Green Deal è un programma ambientale progettato e creato allo scopo di agevolare i percorsi di decarbonizzazione ed è uno strumento necessario per contrastare gli effetti sempre più estremi dei cambiamenti climatici da cui derivano, tra le altre cose, gravi danni alle produzioni agricole. Dal Green Deal passa il futuro dell’agricoltura e non la sua fine. Mettere in discussione le strategie europee From farm to fork e Biodiversity 2030 – cardini del Green Deal – significherebbe mettere a rischio la sopravvivenza dell’intero settore agricolo e il futuro del Pianeta. La grave situazione economica in cui versano le aziende agricole (soprattutto di medie e piccole dimensioni) è legata a una politica comunitaria del passato che, per decenni, ha destinato l’80% delle risorse solo al 20% delle aziende, privilegiando le grandi e il metodo intensivo. L’unica soluzione per salvare l’agricoltura è liberarla dalla dipendenza della chimica e puntare sulla diminuzione degli input negativi idrici ed energetici. Accusare il Green Deal significa prendersela con l’unica alternativa possibile per salvarsi.
L’utilizzo dei pesticidi è indispensabile per salvare l’agricoltura.
Falso. L’utilizzo di sostanze chimiche, non solo non garantisce di poter contare su una maggiore resa agricola o di salvaguardare le colture, ma è addirittura nocivo per la salute umana. I pesticidi, oltre a contaminare acqua, aria, suolo e cibo, generano resistenze nelle popolazioni di insetti, scatenando la necessità di trattamenti sempre più frequenti ed efficaci. A ciò si aggiungono gli squilibri legati al rapporto preda-predatore e la conseguente proliferazione di una specie su tutte le altre. Un ragionamento che vale non solo per gli insetticidi ma anche per gli antibiotici. Il loro sempre maggiore utilizzo negli allevamenti ha comportato, ad esempio, lo sviluppo di una pericolosa antibiotico-resistenza. Iniziative come il rinnovo per dieci anni all’utilizzo del Glifosato vanno ostinatamente nella direzione contraria a quella necessaria per salvare il settore agricolo. Il guadagno di oggi è la perdita di domani.
L’Europa obbliga a non coltivare il 4% dei terreni per speculare sul lavoro degli agricoltori.
Falso. La deroga al vincolo di non coltivare il 4% dei terreni destinati a seminativo rischia di trascinare nel baratro gli agricoltori. La misura nasce allo scopo di favorire la difesa dall’erosione e dal dissesto idrogeologico, l’incremento della fertilità dei suoli e la tutela della biodiversità grazie ad aree incolte, siepi, boschetti, stagni e servizi ecosistemici. L’aiuto di insetti utili – come le api – è fondamentale per il raggiungimento di un equilibrio sano tra produttività e ambiente. La grave rarefazione della presenza degli insetti impollinatori – fondamentali per garantire biodiversità agricola e naturale – a cui stiamo assistendo è assai preoccupante. Il rapporto Ipbes-Ipcc spiega chiaramente che il 70% dei suoli europei contiene meno del 2% di sostanza organica. Dati sconvolgenti che fanno ben capire che, per continuare a coltivare, serve ripristinare la fertilità dei suoli.
L’Europa vuole sostituire i cibi tradizionali con quelli sintetici.
Falso. Sgombriamo il campo da equivoci: la carne coltivata non è ancora disponibile in Europa e, dunque, in Italia. Al netto di ciò, è bene chiarire che, comunque, non potrebbe sostituire la carne prodotta da allevamento tradizionale ma solo aggiungere una nuova linea di mercato per i consumatori. Peraltro, l’EFSA, Autorità europea per la sicurezza alimentare, a oggi non ha ricevuto richieste di autorizzazione per quanto riguardala carne coltivata. La ricerca su questo segmento è, fortemente sostenuta dalle grandi aziende multinazionali della carne, evidentemente non interessate a ridurre i consumi di carni, ma ad espandere il loro business verso nuove filiere produttive e segmenti di mercato. Quello sui cibi sintetici è l’ennesimo strumento di distrazione di massa sapientemente utilizzato per mettere in ombra la necessità di un cambiamento dell’attuale modello di allevamento zootecnico intensivo e industriale. Benessere animale, sostenibilità ambientale, riduzione dell’impatto negativo su acqua, aria e suolo sono gli obiettivi verso cui tendere con celerità. Occorre poi lavorare sul fronte culturale per ridurre il consumo di carne, azione utile all’ambiente e alla salute, e scommettere in chiave agroecologica sul made in Italy fatto bene. Solo così sarà possibile salvaguardare gli ecosistemi, abbattere le emissioni, mettere sul mercato prodotti più salubri e garantire agli operatori del settore una maggiore competitività.