La Direttiva Ue sulla plastica monouso ucciderà la manifattura italiana?
Con la pandemia sono tornati prepotentemente gli oggetti di plastica usa e getta. Il risultato è stato un aumento dell’inquinamento connesso alla produzione di plastica. Sia in Europa che in Italia l’iter per la loro riduzione è già stato tracciato e siamo alle porte dal recepimento della direttiva europea proprio per limitare l’uso di plastica monouso.
Ma davvero, come una parte del mondo industriale ha sostenuto nelle ultime settimane, questa legge ucciderà la manifattura italiana? Si tratta, in realtà, di allarmi infondati, perché la riconversione in chiave sostenibile di determinati settori industriali è già realtà anche per altri prodotti finiti al bando negli ultimi anni.
Cos’è la direttiva Single Use Plastics (SUP)?
Il 3 luglio 2021 è previsto il recepimento in tutti gli Stati dell’Unione Europea della cosiddetta “Direttiva SUP”, ovvero la direttiva 904/2019 sugli oggetti in plastica mono uso (Single Use Plastics).
Questa Direttiva rientra nella strategia comunitaria di lotta all’inquinamento da plastica e mira a ridurre l’uso dei 10 oggetti in plastica monouso che maggiormente si ritrovano abbandonati sulle spiagge e nei mari europei, insieme a reti e altri strumenti di pesca che vengono persi o abbandonati durante o dopo l’uso. Complessivamente questa tipologia di oggetti rappresenta il 43% dei rifiuti marini rinvenuti sulle spiagge europee (reti e attrezzi da pesca in plastica il 27%) , dati in linea con quanto ritrovato da Legambiente durante la più recente indagine Beach Litter, secondo cui il 42% del totale dei rifiuti monitorati è costituito proprio da quei prodotti usa e getta al centro della Direttiva.
L’impatto generato dai prodotti in plastica monouso, rispetto al tempo del loro utilizzo, è completamente sproporzionato e, in più, questi raramente sono riciclati e tendono pertanto a diventare rifiuti. Agendo normativamente sugli oggetti individuati nella Direttiva si potrà agire direttamente sulla gran parte dei rifiuti marini, e prevenirne la dispersione, con conseguenti benefici per l’ambiente marino e di riduzione delle emissioni di gas serra di circa 3,4 milioni di tonnellate di CO2 equivalenti.
Il recepimento della direttiva rappresenterà un danno per l’industria italiana?
Nelle ultime settimane una parte del mondo industriale italiano ha esplicitato le sue preoccupazioni sul recepimento della direttiva SUP e sulle ricadute negative sull’industria italiane. Si tratta di allarmi infondati, perché come dimostra l’esperienza del nostro Paese le altre normative che hanno bandito l’uso della plastica tradizionale (ad esempio sui sacchetti per la spesa, sui bastoncini per le orecchie e sull’uso dei microplastiche nei prodotti cosmetici da risciacquo) hanno permesso la di riconversione in chiave sostenibile di quella parte dell’industria italiana coinvolte in queste produzioni.
Negli ultimi dieci anni, grazie a queste novità, nelle aree industriali con impianti chimici dismessi sono state avviate le bonifiche e realizzati nuovi impianti di chimica verde che producono plastiche innovative, non più dal petrolio ma dagli scarti vegetali.
Anche il recepimento italiano della direttiva SUP potrà, quindi, permettere un’accelerazione della riconversione di una parte dell’industria chimica italiana verso le nuove produzioni della bioeconomia su cui l’Italia ha una leadership a livello mondiale.
Cos’è la direttiva Single Use Plastics (SUP)?
Il 3 luglio 2021 è previsto il recepimento in tutti gli Stati dell’Unione Europea della cosiddetta “Direttiva SUP”, ovvero la direttiva 904/2019 sugli oggetti in plastica mono uso (Single Use Plastics).
Questa Direttiva rientra nella strategia comunitaria di lotta all’inquinamento da plastica e mira a ridurre l’uso dei 10 oggetti in plastica monouso che maggiormente si ritrovano abbandonati sulle spiagge e nei mari europei, insieme a reti e altri strumenti di pesca che vengono persi o abbandonati durante o dopo l’uso. Complessivamente questa tipologia di oggetti rappresenta il 43% dei rifiuti marini rinvenuti sulle spiagge europee (reti e attrezzi da pesca in plastica il 27%) , dati in linea con quanto ritrovato da Legambiente durante la più recente indagine Beach Litter, secondo cui il 42% del totale dei rifiuti monitorati è costituito proprio da quei prodotti usa e getta al centro della Direttiva.
L’impatto generato dai prodotti in plastica monouso, rispetto al tempo del loro utilizzo, è completamente sproporzionato e, in più, questi raramente sono riciclati e tendono pertanto a diventare rifiuti. Agendo normativamente sugli oggetti individuati nella Direttiva si potrà agire direttamente sulla gran parte dei rifiuti marini, e prevenirne la dispersione, con conseguenti benefici per l’ambiente marino e di riduzione delle emissioni di gas serra di circa 3,4 milioni di tonnellate di CO2 equivalenti.
Il recepimento della direttiva rappresenterà un danno per l’industria italiana?
Nelle ultime settimane una parte del mondo industriale italiano ha esplicitato le sue preoccupazioni sul recepimento della direttiva SUP e sulle ricadute negative sull’industria italiane. Si tratta di allarmi infondati, perché come dimostra l’esperienza del nostro Paese le altre normative che hanno bandito l’uso della plastica tradizionale (ad esempio sui sacchetti per la spesa, sui bastoncini per le orecchie e sull’uso dei microplastiche nei prodotti cosmetici da risciacquo) hanno permesso la di riconversione in chiave sostenibile di quella parte dell’industria italiana coinvolte in queste produzioni.
Negli ultimi dieci anni, grazie a queste novità, nelle aree industriali con impianti chimici dismessi sono state avviate le bonifiche e realizzati nuovi impianti di chimica verde che producono plastiche innovative, non più dal petrolio ma dagli scarti vegetali.
Anche il recepimento italiano della direttiva SUP potrà, quindi, permettere un’accelerazione della riconversione di una parte dell’industria chimica italiana verso le nuove produzioni della bioeconomia su cui l’Italia ha una leadership a livello mondiale.
Qual è la posizione di Legambiente?
La deroga richiesta dal nostro Paese rappresenta una misura che Legambiente ha sostenuto fin dall’inizio della discussione della Direttiva a livello europeo e nazionale, perché l’Italia con la sua esperienza unica in Europa in questo ambito faccia da apripista, così come già avvenuto con la messa al bando dei sacchetti di plastica e dei bastoncini cotonati per la pulizia delle orecchie. Il nostro paese è infatti ha a tutti gli effetti un primato, tecnologico e normativo, in tema di produzione di plastiche biodegradabili e compostabili e di implementazione della filiera di raccolta dell’organico e del compostaggio. Il recepimento della Direttiva SUP, considerando l’emendamento richiesto, non potrà che dare riconoscimento e ulteriore slancio a questo settore.
L’obiettivo primario resta comunque quello di combattere l’usa e getta e non deve esserci una semplice sostituzione tra plastiche tradizionali e plastiche biodegradabili e compostabili, ma di consentire e promuovere l’utilizzo della plastica biodegradabile e compostabile nei casi in cui non è possibile ricorrere al riutilizzabile.
Ovviamente è indispensabile che sia prevista, anche per i prodotti biodegradabili e compostabili, un’etichettatura specifica che ne indichi la compostabilità, le indicazioni sul corretto smaltimento e l’incidenza negativa sull’ambiente in seguito alla loro dispersione. Affinché mantengano la loro natura di alternativa sostenibile alle plastiche standard, infatti, i prodotti in plastica biodegradabile e compostabile non devono essere dispersi nell’ambiente e devono essere correttamente smaltiti nella raccolta dell’umido
Al contrario l’associazione è in disaccordo nel considerare la deroga per prodotti a base di carta con sottili o sottilissimi rivestimenti in plastica, che non sia un film in bioplastica compostabile. Tali prodotti, oltre ad essere difficilmente riciclabili, possono contenere, nello strato in plastica, inquinanti e sostanze nocive come, ad esempio, i PFAS.
Altra richiesta dell’associazione è che vengano rispettati, o quantomeno ridotti, il più possibile i tempi di attuazione delle misure previste, considerando anche che la Direttiva è stata approvata più di due anni fa (il 5 giugno 2019). Ad esempio il periodo di transizione previsto per l’esaurimento delle scorte dei prodotti in plastica dovrà essere ben definito e rispettato, così come la stipula degli accordi di programma e la definizione dei piani di riduzione al consumo previsti per i prodotti specificati nella Direttiva.
Cos’è la direttiva Single Use Plastics (SUP)?
Il 3 luglio 2021 è previsto il recepimento in tutti gli Stati dell’Unione Europea della cosiddetta “Direttiva SUP”, ovvero la direttiva 904/2019 sugli oggetti in plastica mono uso (Single Use Plastics).
Questa Direttiva rientra nella strategia comunitaria di lotta all’inquinamento da plastica e mira a ridurre l’uso dei 10 oggetti in plastica monouso che maggiormente si ritrovano abbandonati sulle spiagge e nei mari europei, insieme a reti e altri strumenti di pesca che vengono persi o abbandonati durante o dopo l’uso. Complessivamente questa tipologia di oggetti rappresenta il 43% dei rifiuti marini rinvenuti sulle spiagge europee (reti e attrezzi da pesca in plastica il 27%) , dati in linea con quanto ritrovato da Legambiente durante la più recente indagine Beach Litter, secondo cui il 42% del totale dei rifiuti monitorati è costituito proprio da quei prodotti usa e getta al centro della Direttiva.
L’impatto generato dai prodotti in plastica monouso, rispetto al tempo del loro utilizzo, è completamente sproporzionato e, in più, questi raramente sono riciclati e tendono pertanto a diventare rifiuti. Agendo normativamente sugli oggetti individuati nella Direttiva si potrà agire direttamente sulla gran parte dei rifiuti marini, e prevenirne la dispersione, con conseguenti benefici per l’ambiente marino e di riduzione delle emissioni di gas serra di circa 3,4 milioni di tonnellate di CO2 equivalenti.
Cosa prevede la Direttiva SUP?
La Direttiva SUP prevede diverse misure per ottenere questi obiettivi, tra cui:
- messa al bando di alcuni prodotti, quelli “per i quali esistano sul mercato alternative convenienti senza plastica”;
- target di riduzione dell’uso di alcuni prodotti (ad es: contenitori alimentari);
- riprogettazione del design di alcuni prodotti (ad es: i tappi dovranno restare attaccati alle bottiglie)
- obblighi per i produttori su smaltimento e azioni di informazione e sensibilizzazione;
- target di raccolta differenziata per gli Stati Membri delle bottiglie in plastica monouso;
- requisiti di etichettatura, che dovranno riportare indicazioni sullo smaltimento corretto dei prodotti;
- azioni di sensibilizzazione della cittadinanza.
In particolare, il punto 1, ovvero la messa al bando dal 3 luglio 2021 di quei prodotti per i quali non esistono alternative riutilizzabili o che non contengono plastica, riguarda:
- bastoncini cotonati (come quelli per la pulizia delle orecchie, con eccezioni legate all’utilizzo in campo medico);
- posate (forchette, coltelli, cucchiai, bacchette), agitatori per bevande, cannucce (con eccezioni legate all’utilizzo in campo medico);
- piatti;
- contenitori per alimenti, bevande, tazze e relativi tappi e coperchi in polistirolo;
- aste per palloncini.
Cosa ha fatto e sta facendo l’Italia?
L’Italia recepirà la Direttiva SUP con un apposito decreto legislativo, preparandosi così a dire addio a diversi prodotti in plastica monouso quali stoviglie usa e getta, cannucce e contenitori per il cibo da asporto. Rispetto alle linee guida europee, il nostro paese ha inserito alcuni emendamenti nella legge di delegazione europea 2019-2020, approvata definitivamente il 20 aprile scorso. L’aspetto più rilevante è l’introduzione della deroga per quei prodotti fatti in plastica biodegradabile e compostabile (certificata conforme allo standard europeo della norma UNI EN 13432 e con percentuali di materia prima rinnovabile superiori al 50%), considerati una valida opzione qualora non sia possibile l’uso di alternative riutilizzabili ai prodotti in plastica tradizionale monouso destinati ad entrare in contatto con alimenti.
Si tratta di una peculiarità italiana, poiché viene specificato che le plastiche usa e getta compostabili non possono essere trattate al pari delle plastiche tradizionali.
Il recepimento della direttiva rappresenterà un danno per l’industria italiana?
Nelle ultime settimane una parte del mondo industriale italiano ha esplicitato le sue preoccupazioni sul recepimento della direttiva SUP e sulle ricadute negative sull’industria italiane. Si tratta di allarmi infondati, perché come dimostra l’esperienza del nostro Paese le altre normative che hanno bandito l’uso della plastica tradizionale (ad esempio sui sacchetti per la spesa, sui bastoncini per le orecchie e sull’uso dei microplastiche nei prodotti cosmetici da risciacquo) hanno permesso la di riconversione in chiave sostenibile di quella parte dell’industria italiana coinvolte in queste produzioni.
Negli ultimi dieci anni, grazie a queste novità, nelle aree industriali con impianti chimici dismessi sono state avviate le bonifiche e realizzati nuovi impianti di chimica verde che producono plastiche innovative, non più dal petrolio ma dagli scarti vegetali.
Anche il recepimento italiano della direttiva SUP potrà, quindi, permettere un’accelerazione della riconversione di una parte dell’industria chimica italiana verso le nuove produzioni della bioeconomia su cui l’Italia ha una leadership a livello mondiale.
Qual è la posizione di Legambiente?
La deroga richiesta dal nostro Paese rappresenta una misura che Legambiente ha sostenuto fin dall’inizio della discussione della Direttiva a livello europeo e nazionale, perché l’Italia con la sua esperienza unica in Europa in questo ambito faccia da apripista, così come già avvenuto con la messa al bando dei sacchetti di plastica e dei bastoncini cotonati per la pulizia delle orecchie. Il nostro paese è infatti ha a tutti gli effetti un primato, tecnologico e normativo, in tema di produzione di plastiche biodegradabili e compostabili e di implementazione della filiera di raccolta dell’organico e del compostaggio. Il recepimento della Direttiva SUP, considerando l’emendamento richiesto, non potrà che dare riconoscimento e ulteriore slancio a questo settore.
L’obiettivo primario resta comunque quello di combattere l’usa e getta e non deve esserci una semplice sostituzione tra plastiche tradizionali e plastiche biodegradabili e compostabili, ma di consentire e promuovere l’utilizzo della plastica biodegradabile e compostabile nei casi in cui non è possibile ricorrere al riutilizzabile.
Ovviamente è indispensabile che sia prevista, anche per i prodotti biodegradabili e compostabili, un’etichettatura specifica che ne indichi la compostabilità, le indicazioni sul corretto smaltimento e l’incidenza negativa sull’ambiente in seguito alla loro dispersione. Affinché mantengano la loro natura di alternativa sostenibile alle plastiche standard, infatti, i prodotti in plastica biodegradabile e compostabile non devono essere dispersi nell’ambiente e devono essere correttamente smaltiti nella raccolta dell’umido
Al contrario l’associazione è in disaccordo nel considerare la deroga per prodotti a base di carta con sottili o sottilissimi rivestimenti in plastica, che non sia un film in bioplastica compostabile. Tali prodotti, oltre ad essere difficilmente riciclabili, possono contenere, nello strato in plastica, inquinanti e sostanze nocive come, ad esempio, i PFAS.
Altra richiesta dell’associazione è che vengano rispettati, o quantomeno ridotti, il più possibile i tempi di attuazione delle misure previste, considerando anche che la Direttiva è stata approvata più di due anni fa (il 5 giugno 2019). Ad esempio il periodo di transizione previsto per l’esaurimento delle scorte dei prodotti in plastica dovrà essere ben definito e rispettato, così come la stipula degli accordi di programma e la definizione dei piani di riduzione al consumo previsti per i prodotti specificati nella Direttiva.
Domande e risposte
La direttiva Sup è importante per l’ambiente?
VERO. La direttiva 2019/904 “sulla riduzione dell’incidenza di determinati prodotti di plastica sull’ambiente”, chiamata anche Sup da single use plastic, nasce dall’evidenza che sulle spiagge europee dall’80 all’85% dei rifiuti marini rinvenuti sono plastica e, di questi, gli oggetti monouso rappresentano il 50%. Se vogliamo passare dall’economia lineare a quella circolare dobbiamo acquisire modelli di consumo e comportamento differenti. Le misure previste nella direttiva vanno in questo senso.
La direttiva Sup mette a rischio l’industria italiana?
FALSO. Lo schema di decreto legislativo del ministero della Transizione ecologica per recepire la direttiva Sup riconosce all’Italia la leadership internazionale su bioeconomia, produzione di plastiche compostabili, raccolta differenziata dell’umido domestico e filiera industriale del compostaggio, che sta riconvertendo diversi impianti produttivi nei poli chimici in via di dismissione in tutto il Paese.
L’Italia ha chiesto una deroga per i prodotti usa e getta in bioplastica?
VERO. La deroga contenuta nella legge di delegazione europea approvata in Parlamento per i prodotti biodegradabili e compostabili, dove non è possibile ricorrere ad alternative riutilizzabili, è un passaggio fondamentale per riconoscere il valore della filiera tutta italiana della chimica verde e della produzione di compost, su cui il nostro Paese deve fare da apripista in Europa.
Le bioplastiche sono la soluzione al problema dei rifiuti marini?
NO. Anche se la proprietà di un prodotto di essere “biodegradabile e compostabile” comporta una riduzione del rischio ecologico, questo non giustifica il suo abbandono nell’ambiente. Le bioplastiche compostabili devono essere raccolte e differenziate correttamente come gli altri materiali, per poi essere recuperate sotto forma di compost.
Perché Legambiente supporta le bioplastiche?
Legambiente è sempre a favore delle iniziative per combattere l’inquinamento, e l’avvento delle bioplastiche va in questa direzione se correttamente utilizzate, smaltite e trattate. Ad esempio, grazie al bando dei sacchetti in plastica in favore di quelli compostabili e biodegradabili da utilizzare per la raccolta dell’umido, il numero delle buste in plastica in circolazione è diminuito di quasi il 60% negli ultimi 10 anni. C’è ancora molto lavoro da fare ovviamente, per la sensibilizzazione e in termini di controlli contro l’illegalità, ma questo è un risultato davvero importante.