d

The Point Newsletter

    Sed ut perspiciatis unde omnis iste natus error.

    Follow Point

    Begin typing your search above and press return to search. Press Esc to cancel.

    Il nucleare di IV generazione è un alleato contro la crisi climatica?

     

    Il nucleare di IV generazione è un alleato contro la crisi climatica?

    Quanto tempo hai?
    5'

    Roberto Cingolani, Ministro della transizione ecologica, ha rilanciato il nucleare “di IV generazione” come tecnologia da prendere in considerazione nel processo di decarbonizzazione del nostro paese, riaprendo il dibattito sul ruolo di questa tecnologia nella lotta ai cambiamenti climatici e nell’approvvigionamento energetico dell’Italia, ancora ampiamente dipendente dall’estero su questo fronte.

     

    Cos’è il “nucleare di IV generazione”

    Con “nucleare di IV generazione” ci si riferisce all’energia ricavabile dalla scissione di atomi molto pesanti come uranio, plutonio e torio, che possano migliorare la Terza generazione “avanzata”, “III plus” o “III+”, e garantire i seguenti obiettivi: sostenibilità, economicità, sicurezza e affidabilità, riduzione della produzione di scorie radioattive, resistenza alla proliferazione nucleare e protezione fisica. In quanto sostitutivi di quelli della “III+” sono stati proposti come reattori di grande taglia (1000 MW e più), ma oggi si parla di IV generazione anche per progetti di reattori di potenza inferiore.

    Il GIF (Generation IV International Forum), un organismo internazionale fondato nel 2000 dal Dipartimento dell’energia degli Stati Uniti d’America (DOE) e a cui hanno aderito 13 paesi oltre all’Euratom, ha selezionato sei tipi di reattori che possono soddisfare gli obiettivi sopra elencati e su cui concentrare gli sforzi di ricerca e sviluppo: tre reattori termici e tre reattori autofertilizzanti a neutroni veloci.

    Si tratta di progetti che da vent’anni non hanno trovato finanziamenti, né pubblici né privati, di dimensioni tali da consentire un loro decollo, indipendentemente da ogni valutazione sulla rispondenza tra lo schema di progetto e l’effettiva conseguibilità degli obiettivi tecnologici sopra indicati. Nonostante alcuni progetti mostrino aspetti interessanti, nessuno di essi assume un ripensamento a fondo della Fisica del reattore come base per una vera innovazione impiantistica. Ad esempio, nessuno di essi si ispira al conseguimento della “sicurezza intrinseca”, che, proposta da decenni come elemento indispensabile per la sicurezza, non ha peraltro trovato risposta se non in progetti minimali cui non si è voluto dare seguito.

    Il GIF indicava nel 2030 una data entro cui alcuni di questi progetti avrebbero potuto essere disponibili per usi civili commerciali, tranne per quello che viene considerato il più interessante – il reattore al Piombo-Bismuto – per il quale la stessa Accademia delle Scienze russa, pur raccomandandone la costruzione, non era in grado di proporre una scadenza realizzativa. A minare la credibilità delle stime sui tempi concorre, poi, la parallela vicenda della generazione “III+”.

    Il nucleare di “III generazione avanzata”

    Di questa tecnologia si è parlato molto in Italia negli anni 2009/2010 quando l’allora governo Berlusconi aprì a un ritorno al nucleare firmando con la Francia un accordo per la costruzione di 4 reattori EPR (European Pressurised Reactor), poi bloccato con il referendum del 2011.

    Sulla carta, questi reattori dovrebbero garantire una efficienza termica superiore e sistemi di sicurezza avanzati, ma nella realtà gli unici due reattori in costruzione in Europa non sono ancora entrati in funzione. Parliamo dei reattori EPR in costruzione in Francia (Flamanville III, i cui lavori sono iniziati nel 2007) e in Finlandia (Olkiluoto III, i cui lavori sono iniziati nel 2005): entrambi hanno accumulato enormi ritardi e hanno visto lievitare i costi di costruzione di sei volte, a tutt’oggi, e ancora non è certo quando verranno terminati e potranno entrare in funzione. La tecnologia rientra nel campo di un “avanzamento” dei reattori cosiddetti “provati”, cioè quelli dalla Seconda alla Terza generazione, e colossali ritardi e aumenti dei costi non hanno mai testimoniato, storicamente, a favore di una tecnologia.

    La fusione nucleare

    Spesso, parlando di IV generazione, si confonde con o si include anche la ricerca sulla produzione di energia da fusione nucleare. Si tratta invece di un filone completamente diverso basato sul principio fisico opposto, l’unione di nuclei atomici leggerissimi (fusione), quali l’Idrogeno e i suoi isotopi Deuterio e Trizio, anziché la divisione (fissione, quello che avviene nelle centrali nucleari in attività) di atomi pesantissimi, quali Uranio o Plutonio.

    Il processo di fusione nucleare è alla base del funzionamento delle stelle (come il sole), da cui nacque l’idea per la realizzazione della bomba H. La reazione di fusione nucleare richiede però temperature di milioni di gradi per superare la repulsione coulombiane tra cariche di ugual segno, quali sono i protoni di Idrogeno, Deuterio o Trizio; e per poter essere gestita richiede il “confinamento magnetico” del plasma di particelle all’interno di un volume di reazione.  Produrre energia elettrica nella forma continua richiesta a una centrale elettrica, senza impiegare più energia di quanta ne viene prodotta, è l’obiettivo delle ricerche partite col Tokamak, il dispositivo sperimentale a contenimento magnetico realizzato in Urss negli anni ’50.

    Poiché non è stato a tutt’oggi realizzato un prototipo per la produzione industriale di elettricità, Iter, la centrale a fusione in fase di costruzione a Cadarache, in Francia, si presenta come un progetto ibrido tra ricerca e realizzazione industriale. Sostenuto e finanziato da Ue, Cina, Usa, Corea, India, Giappone e Russia, le previsioni ufficiali stimano che Iter possa produrre kwh da immettere nella rete elettrica dopo una fase demo che impegnerà tutti gli anni 2040, quindi non prima del 2050.

     

    Nucleare e obiettivi climatici in Italia

    Al netto di altre questioni aperte lasciate dalla produzione di energia nucleare (la sicurezza, lo smaltimento delle scorie, il decomissioning delle centrali chiuse, la costruzione in Italia del deposito definitivo di superficie per i rifiuti radioattivi a bassa e media attività, il costo di produzione per kilowattora), anche se si decidesse, a livello mondiale, di investire in questa forma di produzione di energia come contributo alla lotta ai cambiamenti climatici, questa sarebbe una scelta contraddittoria con quel “Non c’è più tempo” che dal VI rapporto dell’IPCC è ormai travasato anche nei pronunciamenti pubblici dei leder politici.

    Infatti, i progetti in corso in varie parti del mondo (Cina, India ecc.) non hanno le dimensioni per portare significativamente al di sopra del 2% la quota di consumi finali d’energia oggi spettante al nucleare, con costi che sarebbero fino a 10 volte superiori a quelli del fotovoltaico, come si è potuto registrare in recenti bandi UE confrontati con i costi della centrale nucleare di Hinkley Point (GB). Nella stessa Europa il peso del nucleare è caduto dal 17% al 10% dei soli impieghi elettrici, mentre i reattori “III+” non vedono ancora la luce nei paesi in cui sono in costruzione. I reattori di IV generazione appartengono a un futuribile, del tutto fuori gioco rispetto alla data di riferimento del 2030.

    Il tempo a disposizione per accelerare sul taglio delle emissioni invece è poco: i nuovi obiettivi europei per il clima, a cui l’Italia deve attenersi, prevedono un taglio del 55% delle emissioni di gas climalteranti (rispetto ai livelli del 1990) entro il 2030, e la neutralità climatica entro il 2050.

     

    Domande e risposte

    Se utilizzassimo il nucleare la nostra bolletta elettrica sarebbe decisamente più bassa?

    No. Senza considerare i problemi della sicurezza, gli incidenti gravi e le scorie da smaltire, trent’anni fa questa affermazione poteva sembrare plausibile. Ma nei decenni i costi del nucleare sono saliti sempre di più, mentre quelli delle rinnovabili sono scesi a livelli sempre più bassi. Oggi il kWh di energia elettrica prodotto dal nucleare costa più del doppio dell’energia prodotta dal fotovoltaico o dall’eolico. Secondo il World Nuclear Industry Status Report, nel 2020 produrre 1 kilowattora (kWh) di elettricità con il fotovoltaico è costato in media nel mondo 3,7 dollari, con l’eolico 4,0 dollari, con il nucleare 16,3 dollari.

    •  
    •  
    •  
    •  
    •  
    •  
    •  
    •  

    Con le tecnologie di IV generazione le centrali nucleari saranno sicure, senza nessun rischio per l’incolumità pubblica?

    No. Non esistono impianti industriali di quarta generazione e di conseguenza basi per tale affermazione. Le tecnologie di IV generazione prevedono inoltre lo sviluppo di reattori “veloci”, di tipo fastbreeder (autofertilizzanti), che presentano criticità di sicurezza maggiori e usano il Plutonio, che è il più radio tossico degli elementi radioattivi e, soprattutto, il più proliferante verso le armi nucleari.

    •  
    •  
    •  
    •  
    •  
    •  
    •  
    •  

    Siamo rimasti fra i pochi Paesi al mondo a non investire sul nucleare. Questo ci condannerà alla subalternità?

    No. La Germania ha deciso di chiudere l’ultima centrale nucleare a fine 2022. E il successo elettorale dei Verdi nelle ultime elezioni rende improbabile una revisione di questa decisione. Nel mondo soltanto 13 Paesi hanno in corso progetti di costruzione di centrali nucleari. La vera subalternità la rischiamo nelle tecnologie delle fonti rinnovabili, se non vengono rimossi gli impedimenti burocratici che, ad esempio, stanno bloccando lo sviluppo del fotovoltaico. Ma il problema è soprattutto un altro: non c’è più tempo, entro il 2030 l’Italia deve raggiungere i propri obiettivi per il clima. Nel nostro Paese è impensabile costruire e mettere in servizio centrali nucleari che possano dare in tempo utile un contributo per il clima. E lo stesso Ad dell’Enel, Starace, ha riconosciuto poco tempo fa nella conferenza di Cernobbio che il nucleare non è per l’Italia una partita da giocare.

    •  
    •  
    •  
    •  
    •  
    •  
    •  
    •  
    •  
    •  
    •  
    •  
    •  
    •  
    •  
    •