d

The Point Newsletter

    Sed ut perspiciatis unde omnis iste natus error.

    Follow Point

    Begin typing your search above and press return to search. Press Esc to cancel.

    L’idrogeno verde aiuterà la transizione ecologica?

     

    L’idrogeno verde aiuterà la transizione ecologica?

    Quanto tempo hai?
    5'
    10'

    L’Europa mette sul piatto 470 miliardi di euro per finanziare la crescita dell’idrogeno, ma questo vettore energetico sarà in grado di traghettare l’Italia verso gli obiettivi di decarbonizzazione?

    Tra i vari “colori” dell’idrogeno, che dipendono da come viene prodotto, solo quello verde cura la febbre del pianeta. Ma non è la soluzione a tutti i problemi climatici ed energetici: perché i suoi processi di produzione richiedono un grande dispendio di energia ed è quindi opportuno concentrarne l’utilizzo solo per quei punti di consumo difficilmente riconvertibili con le rinnovabili, come i poli siderurgici o la mobilità pesante come quella navale e aerea.

    Perché l’idrogeno?

    L’idrogeno è tornato al centro del dibattito sul rilancio e la decarbonizzazione dell’economia. È un elemento abbondante e, nella sua forma pura gassosa (H2) è un combustibile che brucia in modo simile ad altri gas quali il metano ma, rispetto agli altri combustibili tradizionali, è quello con il massimo contenuto di energia per unità di peso (fino a tre volte superiore rispetto alla benzina). A questo si aggiunge il fatto che nel processo non si producono emissioni inquinanti o CO2 ma semplicemente acqua.

    L’idrogeno è un “vettore energetico”, non è disponibile in natura nella forma utile (come molecole di H2 in forma gassosa) e deve essere prodotto artificialmente da composti in cui è legato, come ad esempio metano o acqua, spendendo energia a partire da fonti energetiche primarie. L’impiego di energia per il processo di estrazione comporta costi economici e ambientali (come emissioni inquinanti ed esaurimento delle risorse) se per produrlo non vengono utilizzate fonti rinnovabili, oltre a rendere il ciclo completo termodinamicamente svantaggioso (si utilizza più energia di quanta se ne ricava).

    Lo si produce principalmente dal metano (reforming), dalla gassificazione del carbone o dall’acqua (elettrolisi), processo di estrazione di idrogeno meno inquinante se viene impiegata energia prodotta con fonti rinnovabili.

    A livello internazionale si usa una scala di colori che indicano la compatibilità ambientale della produzione di idrogeno e viene definito: verde, se prodotto con l’elettrolisi alimentata da energia rinnovabile; grigio, se estratto dal metano o da altri idrocarburi; blu, se estratto da idrocarburi e associato a sistemi di cattura e stoccaggio della CO2; viola, prodotto tramite elettrolisi dell’acqua usando elettricità prodotta dal nucleare; e nero, se estratto dall’acqua usando la corrente prodotta da una centrale elettrica a carbone o a petrolio.

    I diversi colori al momento attuale significano anche diversi costi di produzione e, di conseguenza, diversa convenienza nell’uso di una forma o dell’altra come vettore energetico. L’idrogeno verde, la forma più pulita e auspicabile per la transizione energetica, non è oggi conveniente rispetto ad esempio a quello grigio, visto anche il costo della tecnologia utilizzata (gli elettrolizzatori), ma si prevede un abbattimento di questi costi già al 2030 in seguito allo sviluppo tecnologico del settore. Processo che può essere velocizzato se il mercato ne fa richiesta. Per questo è importante fin da subito puntare su questa tecnologia.

    La sfida climatica ci obbliga in trent’anni a decarbonizzare l’economia, alcuni settori non possono essere decarbonizzati con le tecnologie pulite oggi disponibili, ed è in questi che l’idrogeno verde può giocare un ruolo rilevante. In particolare nell’industria pesante, chimica e petrolchimica, e navi, aerei. Inoltre, dati i limiti al trasporto dell’idrogeno rispetto al gas naturale, andrebbe impiegato dove non esistono alternative il più possibile vicino al luogo di consumo.

    Tra i settori meno promettenti ci sono l’automotive e gli usi per il riscaldamento, dove le tecnologie oggi disponibili sono più efficienti ed economicamente più convenienti dell’idrogeno.

    Se ne parla da molti anni, con alterne fortune, ora l’idrogeno è tornato al centro del dibattito sul rilancio e la decarbonizzazione dell’economia, tanto che l’Unione Europea mette sul piatto 470 miliardi di euro per finanziarne la crescita.

    Il motivo è che l’idrogeno è un elemento abbondante e, nella sua forma pura gassosa (H2) è un combustibile che brucia in modo simile ad altri gas quali il metano ma, rispetto agli altri combustibili tradizionali, è quello con il massimo contenuto di energia per unità di peso (fino a tre volte superiore rispetto alla benzina). A questo si aggiunge il fatto che nel processo non si producono emissioni inquinanti o CO2 ma semplicemente acqua, rendendolo così interessante nel percorso di decarbonizzazione dell’industria energivora e dei trasporti pesanti.

    Questo elemento però in natura non è disponibile nella sua forma utile (ovvero come molecole di H2 in forma gassosa) e deve essere prodotto artificialmente da composti in cui è legato, come ad esempio metano o acqua, spendendo energia a partire da fonti energetiche primarie. È quindi un “vettore energetico” e non una fonte energetica primaria come ad esempio gas naturale, petrolio, solare o eolico, utilizzabile per immagazzinare e trasportare energia. L’impiego di energia per il processo di estrazione comporta costi economici e ambientali (come emissioni inquinanti ed esaurimento delle risorse) se per produrlo non vengono utilizzate fonti rinnovabili, oltre a rendere il ciclo completo termodinamicamente svantaggioso (si utilizza più energia di quanta se ne ricava).

    La produzione dell’idrogeno

    L’idrogeno è l’elemento chimico più abbondante nell’universo, presente nelle stelle allo stato gassoso. Sulla Terra lo troviamo nell’acqua, nei composti organici e negli esseri viventi.

    Lo si produce principalmente dal metano (reforming), dalla gassificazione del carbone o dall’acqua (elettrolisi). Nel primo caso, l’idrogeno puro viene prodotto da una miscela di metanolo e acqua, sotto forma di vapore, e si libera anidride carbonica. Con l’elettrolisi invece si scinde acqua in idrogeno e ossigeno mediante l’uso di energia elettrica in una cella elettrolitica. È il processo di estrazione di idrogeno meno inquinante, soprattutto se viene impiegata energia prodotta con fonti rinnovabili.

    A livello internazionale si usa una scala di colori che indicano la compatibilità ambientale della produzione di idrogeno e viene definito: verde, se prodotto con l’elettrolisi alimentata da energia rinnovabile; grigio, se estratto dal metano o da altri idrocarburi; blu, se estratto da idrocarburi e associato a sistemi di cattura e stoccaggio della CO2; viola, prodotto tramite elettrolisi dell’acqua usando elettricità prodotta dal nucleare; e nero, se estratto dall’acqua usando la corrente prodotta da una centrale elettrica a carbone o a petrolio.

    I diversi colori al momento attuale significano anche diversi costi di produzione e, di conseguenza, diversa convenienza nell’uso di una forma o dell’altra come vettore energetico. L’idrogeno verde, la forma più pulita e auspicabile per la transizione energetica, non è oggi conveniente rispetto ad esempio a quello grigio, visto anche il costo della tecnologia utilizzata (gli elettrolizzatori), ma si prevede un abbattimento di questi costi già al 2030 in seguito allo sviluppo tecnologico del settore. L’idrogeno blu è attualmente, e erroneamente, considerato una buona alternativa, ma non si devono dimenticare le criticità relative alla cattura del carbonio, sistema di dubbia efficacia e alti costi. Processo che può essere velocizzato se il mercato ne fa richiesta. Per questo è importante fin da subito puntare su questa tecnologia.

    Una volta prodotto, l’idrogeno, che si trova in forma gassosa, deve essere accumulato e stoccato per poter poi essere trasportato o impiegato negli usi finali. Anche questa fase non è priva di criticità e costi. Il metodo più comune ed economico è immagazzinandolo come gas a pressione, ma questo richiede serbatoi di grandi dimensioni a causa del volume elevato occupato dall’idrogeno. Può essere trasportato allo stato liquido, dopo averlo sottoposto a compressione e a una temperatura di -253°C, ma, data la sua pericolosità, sono richiesti sistemi adeguati di isolamento termico. Altri sistemi prevedono la sua combinazione con altri composti, o attraverso reti di distribuzione dedicate come avviene attualmente per il metano.

    Ogni anno si producono circa 70 milioni di tonnellate di idrogeno puro: più della metà serve nelle raffinerie, quasi tutto il resto per farne ammoniaca (fertilizzanti e industria chimica). I tre quarti del totale è prodotto da gas naturale (dati International energy agency) attraverso il processo di steam reforming: per produrre idrogeno (grigio o blu se si prevedono cattura e stoccaggio della CO2) è impiegato il 6% del gas mondiale. Il resto deriva dalla gassificazione del carbone. La produzione mondiale di idrogeno è responsabile di circa 830 milioni di tonnellate di CO2 l’anno, solo una quota minima (il 3%) viene dall’elettrolisi dell’acqua e quindi non emette gas climalteranti.

     

    Vantaggi e svantaggi dell’idrogeno

     

    VANTAGGI

    • EMISSIONI: vettore energetico pulito nell’uso finale: produce solo acqua, niente CO2, nessuna sostanza inquinante.
    • PRODUZIONE: se “verde” l’idrogeno è pulito anche quando viene prodotto.
    • ATOSSICITÀ: non è tossico, non causa danni alla salute umana, né all’ambiente.
    • EFFICIENZA: densità gravimetrica elevata per cui, a parità di peso, un’automobile (o un aereo) a idrogeno viaggerà più km di un mezzo equivalente alimentato a carburante tradizionale.

     

    SVANTAGGI

    • VOLUME: a pressione atmosferica, essendo un gas molto leggero, l’idrogeno occupa molto volume. Per immagazzinarlo occorre comprimerlo ad altissima pressione (350-700 atmosfere) oppure liquefarlo, impiegando un processo criogenico a bassissima temperatura (–252.8 °C). Con le tecnologie attuali, entrambi questi processi consumano almeno il 15-20% dell’energia contenuta nello stesso idrogeno.
    • ACCUMULO: nell’impiego come accumulo per l’energia elettrica, con le tecnologie attuali, partendo da elettricità e ritornando all’elettricità, l’efficienza dell’accumulo a idrogeno rimane bassa (intorno al 25-30%).
    • COSTO: quello dell’energia ricavata dall’idrogeno rimane oggi piuttosto elevato (4-5 volte superiore a quello dell’elettricità).

     

    Gli usi energetici dell’idrogeno

    Gli usi principali dell’idrogeno sono:

    • applicazioni per la mobilità (navi, aviazione),
    • applicazioni industriali (chimica, raffinerie, siderurgia primaria – settori in cui l’idrogeno è già impiegato come materia prima sia nella produzione di prodotti chimici di base come l’ammoniaca e il metanolo sia in una serie di processi di raffinazione),
    • applicazioni per il riscaldamento residenziale e commerciale (come concorrente delle pompe di calore e di altre tecnologie a basse emissioni di carbonio in sostituzione dei prodotti a metano e petroliferi).

    L’idrogeno è impiegato come gas combustibile in modo analogo ad altri gas come il metano, e quindi utilizzato nei motori e in altre applicazioni civili e industriali. Oppure viene utilizzato in celle a combustibile, dove l’energia viene liberata mediante un processo elettrochimico di reazione con l’ossigeno e a sua a sua volta alimentare motori, a bordo di mezzi di trasporto a lunga percorrenza (camion, navi, aerei, ecc.). Questo secondo metodo, oltre a determinare emissioni non inquinanti (acqua), risulta anche più vantaggioso da un punto di vista energetico rispetto ai motori alimentati a benzina. I costi elevati di produzione dell’idrogeno lo rendono più adatto per impieghi in quei settori difficili da decarbonizzare con altri metodi, in particolare nei trasporti non elettrificabili, per esempio navi e aerei, e nell’industria pesante come le acciaierie.

     

    L’idrogeno nella transizione ecologica

    La sfida climatica ci obbliga in trent’anni a decarbonizzare l’economia, alcuni settori non possono essere decarbonizzati con le tecnologie pulite oggi disponibili, ed è in questi che l’idrogeno può giocare verde un ruolo rilevante. In particolare nell’industria pesante, chimica e petrolchimica, e navi, aerei ancora oggi alimentati col diesel. Inoltre, dati i limiti al trasporto dell’idrogeno rispetto al gas naturale, andrebbe impiegato dove non esistono alternative il più possibile vicino al luogo di consumo.

    Tra i settori meno promettenti c’è quello dell’automotive, nel quale invece l’elettrico ha fatto enormi passi avanti e risulta essere più competitivo e con grandi prospettive di crescita rispetto alle “auto a idrogeno”. Discorso analogo per gli usi per riscaldamento, le soluzioni tecniche oggi disponibili (principalmente con l’uso diretto dell’elettricità prodotta da rinnovabili) sono più efficienti ed economicamente più convenienti dell’idrogeno.

    Stiamo parlando però solo dell’idrogeno verde, prodotto con l’elettrolisi alimentata da energia rinnovabile, l’unica forma che garantisce basse emissioni inquinanti e quindi l’unica che dovrebbe essere incentivata e finanziata in modo da accelerare il suo sviluppo tecnologico e renderla economicamente più accessibile.

    Idrogeno verde, rinnovabili e transizione ecologica, al centro del dibattito sul Pnrr, viaggiano dunque sugli stessi binari. E hanno a che fare col futuro economico e la reindustrializzazione green dell’Italia.

    Domande e risposte

    È vero che ci sono almeno tre colori dell’idrogeno che potranno traghettare l’Italia verso gli obiettivi di decarbonizzazione?

    È falso. I colori dell’idrogeno sono 5 e dipendono dalla fonte primaria utilizzata per la sua produzione. Abbiamo il nero estratto dall’acqua usando la corrente prodotta da una centrale elettrica, a carbone o a petrolio, il grigio prodotto dallo scarto produttivo di una reazione chimica o dal metano o da altri idrocarburi, il più utilizzato in questo momento ma non esente da emissioni climalteranti. Il blu, sempre prodotto attraverso le fonti fossili ma accompagnato da sistemi di cattura della CO2 non sicuri. Il viola, un rischio che non ci riguarda perché prodotto con il nucleare. E infine il verde, l’unico a cui guardare perché prodotto attraverso le fonti rinnovabili. Tutti gli altri usi, compresi quelli che prevedono sistemi di cattura, rappresentano solo una distrazione di risorse economiche dai veri obiettivi di sviluppo del nostro Paese.

    •  
    •  
    •  
    •  
    •  
    •  
    •  
    •  

    L’idrogeno verde sarà la soluzione a tutti i problemi climatici ed energetici?

    I processi di produzione dell’idrogeno, che va considerato un vettore energetico e non una fonte energetica, richiedono un grande dispendio di energia. Ad esempio, se decidessimo di mandare tutto il nostro parco auto urbano italiano a idrogeno verde, dovremmo aumentare la produzione di energia elettrica del 44%, contro un aumento del 15%, ben più gestibile, se lo stesso parco automobilistico fosse trasformato direttamente a elettrico. È bene quindi concentrare l’utilizzo di questo vettore solo per quei punti di consumo difficilmente riconvertibili con le rinnovabili, come i poli siderurgici o la mobilità pesante come quella navale e aerea.

    •  
    •  
    •  
    •  
    •  
    •  
    •  
    •  

    In questa fase è necessario sviluppare l’idrogeno grigio e blu, in attesa che quello verde sia economicamente sostenibile?

    No. L’idrogeno grigio è quello tecnicamente più maturo, ma l’utilizzo delle fonti fossili non è la soluzione all’emergenza climatica e investire su di esse rallenterebbe la corsa alla decarbonizzazione. È decisamente poco realistico puntare su alcune infrastrutture energetiche per poi cedere il passo ad altre dopo appena 10/15 anni, molto prima del loro fine vita. È evidente che non reggerebbe il modello economico e che l’idrogeno fossile diverrebbe un concorrente di quello verde, ritardandone lo sviluppo.

    •  
    •  
    •  
    •  
    •  
    •  
    •  
    •  
    •  
    •  
    •  
    •  
    •  
    •  
    •  
    •