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    Perché non si vuole puntare sull’auto elettrica?

     

    Perché non si vuole puntare sull’auto elettrica?

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    L’Italia deve accelerare sull’elettrico superando i freni della politica e i luoghi comuni. Ecco le cinque bufale sulla mobilità elettrica.

    Accelerare sull’elettrico e accompagnare il “phase out” delle auto endotermiche è l’unica via. Ma mentre i Paesi più industrializzati e le case produttrici procedono spediti verso la sostenibilità e le emissioni zero, l’Italia rischia di restare in coda, ostacolata dalla politica e dai luoghi comuni. Tra questi quello sulle gravi perdite di posti di lavoro, smentito invece da uno studio dei ricercatori dell’Università Ca’ Foscari di Venezia che stima un incremento occupazionale di 6.000 unità nel medio periodo. “Il motore del 2035” è il titolo della storia di copertina di Nuova Ecologia di giugno, illustrata da Davide Bartolomeo Salvemini. Proprio le bufale sulla mobilità elettrica sono al centro di questo speciale di “Unfakenews”.

    L’auto elettrica è solo per ricchi?

    No. Oggi un’utilitaria elettrica costa circa 10.000 euro più dell’equivalente modello a combustione. Ma mentre il prezzo dell’elettrico scende, quello delle auto nuove a combustione sale (+32% in 10 anni). Dal 2026-27 arriveranno a costare uguale. Nella gestione (carburante, manutenzione) l’elettrica già oggi costa meno. Il vero punto è che le auto di proprietà sono sempre più care, serve un’alternativa popolare.

     

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    Il 2035 è troppo presto per passare all’elettrico?

    No, è troppo tardi, invece. Stellantis, Ford, Kia, Renault, Mercedes, Jaguar e Volvo hanno già annunciato che produrranno solo elettrico dal 2030. Volkswagen prevede di vendere l’80% di elettrico al 2030, Toyota il 60%. Conti alla mano, già nel 2030 il 90% delle auto vendute saranno elettriche. Nei primi tre mesi del 2023 in Europa si sono vendute 320.000 auto a batteria, in Italia appena 16.000.

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    È vero che mancano le colonnine e si perde troppo tempo per ricaricare?

    Falso. Al 31 dicembre 2022 in Italia c’erano 36.772 punti di ricarica su suolo pubblico, non sempre funzionanti e talvolta occupati da auto in sosta abusiva. Poche le ricariche veloci, specie in autostrada, a causa dell’ostracismo dei gestori. Ma la maggior parte delle 187.455 auto elettriche circolanti in Italia (dato al 30 aprile 2023) si ricaricano in garage o in azienda, a meno della metà del costo della benzina. Chi usa l’auto elettrica sa che raramente fa il “pieno” in viaggio.

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    Senza petrolio il trasporto di massa è destinato a collassare?

    Falso. La mobilità elettrica è invece già oggi prevalente nelle ferrovie, nel trasporto collettivo (metro, tram, filobus, scale mobili, funicolari e ascensori), nei mezzi leggeri (monopattini, bike) e nella sharing mobility (scooter e auto). Nel 2030 saranno elettrici tutti gli autobus di Milano, Roma, Torino, Napoli e di altre città. Purtroppo, in Italia l’offerta di trasporto rapido di massa (treni pendolari) è tre o quattro volte inferiore alle aree urbane spagnole, francesi, inglesi e tedesche (vedi dossier “Pendolaria” di Legambiente).

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    Le terre rare utilizzate per le batterie sono pericolose e non si riciclano?

    Il litio è il quinto minerale più diffuso sulla Terra. Anche il cobalto è un metallo, spesso citato perché controllato da aziende minerarie cinesi che sfruttano manodopera minorile in Congo. A Teverola (Ce) ha aperto la prima fabbrica italiana di batterie al litio che non usa il cobalto. Le terre rare sono usate in tutti i prodotti elettronici, elettronica delle auto inclusa, e per legge devono essere riconsegnati ai produttori per il riciclo.

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