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    L’acqua del rubinetto è sicura?

     

    L’acqua del rubinetto è sicura?

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    L’acqua del rubinetto ha ancora una cattiva fama nel nostro paese, tanto che, secondo i dati Istat 7,4 milioni di famiglie italiane (il 29%) non si fida a berla e spesso gli viene preferita quella in bottiglia. L’Italia è infatti il primo paese in Europa e il secondo al mondo per litri acqua imbottigliata venduta e consumata, pari a 206 litri pro-capite all’anno. Eppure l’acqua che esce dai nostri rubinetti è controllata attentamente e ripetutamente e per essere potabile deve infatti soddisfare stringenti parametri microbiologici, chimici e fisici. Inoltre, è sicuramente una soluzione più economica di quella in bottiglia, che finiamo a pagare anche 1000 volte tanto.

    Quali controlli vengono effettuati sull’acqua del rubinetto?

    I criteri per garantire la sicurezza delle acque destinate al consumo umano, quindi anche l’acqua del rubinetto, e i conseguenti parametri minimi di qualità, si basano sulle indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Con il termine di «acque destinate al consumo umano», secondo la definizione del Ministero della Salute si intendono le “acque trattate o non trattate, di uso potabile, per la preparazione di cibi e bevande o per altri usi domestici, a prescindere dalla loro origine, fornite tramite una rete di distribuzione oppure mediante cisterne, in bottiglie o in contenitori”. Sono comprese anche le acque utilizzate nelle imprese alimentari per la fabbricazione, il trattamento, la conservazione o l’immissione sul mercato di prodotti o di sostanze destinate al consumo umano. Sono, invece, escluse le acque minerali naturali in quanto soggette ad una specifica normativa.

    In Italia il principale riferimento normativo è il Decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31, che dà attuazione alla Direttiva 98/83/CE, con la finalità di proteggere la salute umana dagli effetti negativi derivanti dalla contaminazione delle acque, garantendone la salubrità.

    La normativa prevede che vengano eseguiti due tipi di controllo analitico chimico-fisico e microbiologico:

    • controlli interni, di responsabilità del Gestore del Servizio idrico integrato, effettuati in laboratori interni;
    • controlli esterni effettuati dalle Aziende Usl insieme alle Arpa territorialmente competenti.

    La normativa elenca inoltre i parametri da monitorare e a ognuno di essi attribuisce un valore limite, superato il quale occorre provvedere con adeguati interventi. Sono 62 i parametri di qualità chimica, fisica e batteriologica che l’acqua deve rispettare per essere considerata potabile. I principali parametri analizzati sono:

    • chimici (solfati, cloruri, calcio, sodio, potassio, magnesio, nitrati, ecc.);
    • solventi clorurati;
    • metalli (ferro, manganese, cromo, etc.);
    • microinquinanti (diserbanti, pesticidi, prodotti intermedi delle aziende chimico- farmaceutiche, etc.);
    • microbiologici (coliformi totali e fecali, enterococchi, etc.).

    L’Azienda sanitaria locale può decidere di integrare i parametri chimico-fisici e microbiologici fissati dalla norma con altri a seconda delle situazioni di rischio individuate sul territorio o della tipologia delle fonti che approvvigionano l’acquedotto e qualora vi sia motivo di sospettarne la presenza in quantità o concentrazioni tali di rappresentare un potenziale pericolo per la salute umana. La ricerca dei parametri supplementari è effettuata con metodiche predisposte dall’Istituto superiore di sanità.

     

    Quanto sono frequenti i controlli?

    Vengono eseguite due tipologie di controllo su ogni punto di prelievo:

    • il controllo di routine, che secondo il Decreto 31/2001 “mira a fornire ad intervalli regolari informazioni sulla qualità organolettica e microbiologica delle acque fornite per il consumo umano, nonché informazioni sull’efficacia degli eventuali trattamenti dell’acqua potabile (in particolare disinfezione), per accertare se le acque destinate al consumo umano rispondano o meno ai pertinenti valori di parametro fissati dal presente decreto”. Rientrano in questo controllo parametri quali ad esempio il colore, il ferro, la torbidità, il disinfettante utilizzato e parametri microbiologici quali l’Escherichia coli e i batteri coliformi;
    • il controllo di verifica, che “mira a fornire le informazioni necessarie per accertare se tutti i valori di parametro contenuti nel decreto sono rispettati. Tutti i parametri fissati sono soggetti a controllo di verifica, a meno che l’Azienda sanitaria locale competente al controllo non stabilisca che, per un periodo determinato, è improbabile che un parametro si ritrovi in un dato approvvigionamento d’acqua in concentrazioni tali da far prevedere il rischio di un mancato rispetto del relativo valore di parametro”.

    Il Decreto 31/2001 individua un numero minimo di controlli annui che aumenta a seconda del volume di acqua distribuito ogni giorno. Come valore di riferimento, si considera un acquedotto che eroga ogni giorno circa tra i 100 e 1.000 m3 di acqua e che serve circa 5.000 abitanti, per il quale la norma individua 4 controlli/anno di routine e 1 controllo/anno di verifica. I controlli sono distribuiti uniformemente durante l’anno. L’Asl può tuttavia prevedere maggiori frequenze di campionamento in relazione alla lunghezza e alla complessità dell’acquedotto stesso, al grado di vulnerabilità delle fonti (se maggiormente esposte a rischio di contaminazione), alla numerosità degli impianti e alla frammentarietà della rete idrica.

    In questo modo, complessivamente si arriva a un numero molto elevato di controlli: a Roma ad esempio vengono eseguiti circa 250.000 controlli all’anno, a Genova 220.000, nelle province di Milano, Pavia e Lodi 350.000 e in Emilia Romagna e Puglia oltre 100 monitoraggi al giorno.

     

    Cosa succede in caso di superamento dei parametri?

    In caso di presenza nell’acqua di sostanze che ne modificano la qualità o che la rendono non potabile, spetta alle Asl individuare e proporre provvedimenti cautelativi a tutela della salute pubblica. Le proposte delle Aziende Usl vengono sottoposte al Sindaco competente che in veste di Autorità sanitaria emette ordinanze specifiche con indicazioni ai cittadini sull’utilizzo dell’acqua.

    Quando si verifica una difformità nell’acqua erogata vengono immediatamente avvisati i Gestori del Servizio Idrico che devono individuare le cause e mettere in atto tutte le misure per ripristinarne la qualità. Al Sindaco, all’ASL, all’Autorità d’Ambito ed al gestore, ciascuno secondo la propria competenza, spetta anche il compito di informare i cittadini sui provvedimenti adottati.

    I controlli in questione assicurano la qualità dell’acqua da quando entra nell’acquedotto fino al punto di erogazione finale, ovvero il contatore di casa. Spesso i consumatori lamentano caratteristiche organolettiche non ottimali, che potrebbero però derivare dalla cattiva manutenzione della rete domestica e sono risolvibili con una manutenzione costante e l’uso di filtri appositi. Filtri che sono sufficienti a ridurre l’odore o sapore sgradevole di sostanze quali il cloro, la cui presenza non è segno di contaminazione, anzi di trattamento di igienizzazione e potabilizzazione.

     

    Quali sono i controlli per l’acqua minerale?

    La normativa che disciplina l’utilizzo e la commercializzazione dell’acqua minerale è diversa da quella per l’acqua del rubinetto. Il decreto legislativo dell’8 ottobre 2011, n. 176, reca disposizioni per l’attuazione della direttiva 2009/54/CE in materia, mentre con il decreto 10 febbraio 2015 si sono stabiliti i criteri di valutazione delle caratteristiche di tali acque.

    Tra le normative ci sono delle differenze, sia di procedure che di parametri analizzati, che fanno sì che alcune acque minerali in commercio contengano elementi (come ad esempio arsenico, manganese o solfati) in quantità superiori rispetto ai parametri ammessi per l’acqua del rubinetto destinata al consumo umano. Inoltre, le prescrizioni normative per l’acqua minerale prevedono la realizzazione di 1 analisi all’anno da parte dei soggetti titolari della concessione, che viene inviata al Ministero della Salute insieme ad una autocertificazione relative al mantenimento delle caratteristiche delle acque.

     

    La nuova direttiva europea sull’acqua potabile

    Se il sistema dei controlli per l’acqua potabile non ci sembra ancora sufficiente, si tenga presente che dovrà essere a breve aggiornato in senso maggiormente cautelativo per la salute. Il 12 gennaio 2021 è infatti entrata in vigore la nuova direttiva europea 2020/2184 sulle acque destinate al consumo umano, che gli Stati membri dovranno recepire entro il 2023.

    Si tratta della prima legislazione europea adottata in risposta all’iniziativa dei Cittadini europei iniziata nel 2014, Right2water1 che con 1,8 milioni di firme, ha chiesto alla Com­missione l’aggiornamento della direttiva per garantire il diritto all’accesso e l’adeguata fornitura a tutti i cittadini di acqua potabile e servizi igieni­co-sanitari, e che l’approvvigionamento e la gestione delle risorse idriche non fossero soggette alle logiche di mercato.

    La nuova direttiva introduce norme riviste intese a proteggere la salute umana dagli effetti negativi derivanti dalla contaminazione delle acque destinate al consumo umano, e inoltre:

    • stabilisce i requisiti di igiene per i materiali, oggetti, reagenti chimici e mezzi di filtrazione e trattamento che entrano in contatto con le acque potabili;
    • migliora l’accesso di tutti alle acque destinate al consumo umano, in particolare assicurandone l’accesso ai gruppi vulnerabili ed emarginati, migliorandone l’accesso per chi già ne beneficia e promuovendone l’uso dal rubinetto;
    • introduce la valutazione e la gestione del rischio dei bacini idrografici per i punti di estrazione di acqua potabile e dei sistemi di fornitura, così come la valutazione del rischio dei sistemi di distribuzione domestica;
    • migliora la trasparenza sulle questioni relative alle risorse idriche e l’accesso a informazioni aggiornate da parte dei consumatori.

    L’obiettivo della direttiva è assicurare la buona qualità e la sicurezza dell’acqua per uso potabile, aggiornando i limiti per alcuni inquinanti, aggiungendo altri contaminanti come i PFAS e le microplastiche, e promuovendo un sistema di monitoraggio che consideri tutta la catena di approvvigionamento dell’acqua potabile e che si basi sul rischio; ma anche migliorare la comunica­zione al cittadino e l’accessibilità ai dati di qualità, e quindi promozione dell’acqua di rubinetto, aumentando la fiducia verso il suo consumo e riducendo l’utilizzo dell’acqua in bottiglia (che in Italia è particolarmente consistente), il tutto garantendo un servizio accessibile a tutti, che funzioni, che tuteli l’acqua potabile dagli sprechi causati dalle reti colabrodo investendo sull’ammodernamento della rete.

    Gli Stati devono provvedere ad adottare le misure necessarie per garantire il raggiun­gimento dei limiti imposti per i parametri aggiunti entro gennaio 2026.

     

     

     

     

     

    Domande e risposte

    L’acqua di rubinetto è poco controllata?

    NO. Anzi. 

    L’acqua che esce dai nostri rubinetti è controllata attentamente da ogni gestore idrico: per essere potabile deve infatti soddisfare stringenti parametri microbiologici, chimici e fisici. Nel prelievo, durante le fasi di potabilizzazione se necessarie, nell’immissione in rete e fino all’uscita dai nostri rubinetti, l’acqua è sottoposta a migliaia di analisi. L’applicazione del Water safety plan (Wsp) garantisce inoltre qualità e sicurezza anche attraverso il controllo preventivo del rischio e il monitoraggio dei suoi parametri in ogni fase e in ogni punto critico.

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    L’acqua di rubinetto fa venire i calcoli renali perché piena di minerali?

    NO.

    Non c’è nessuna evidenza scientifica. Numerosi studi epidemiologici tendono a confermare che la durezza dell’acqua è invece un fattore protettivo e che la presenza di magnesio, ad esempio, svolge un ruolo fondamentale nella prevenzione della formazione di calcoli. Altri studi evidenziano invece come la concentrazione di calcio non è correlabile alla maggior incidenza di calcoli renali. La verità è che l’acqua è a tutti gli effetti una componente importante dell’alimentazione e di conseguenza bere acqua in abbondanza, e avere un’alimentazione sana ed equilibrata, è il miglior modo per prevenire molte patologie.

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    L’acqua che esce dai nostri rubinetti è una risorsa infinita?

    NO.

    Anche se il ciclo dell’acqua indurrebbe a pensare il contrario, bisogna sapere che nonostante il mondo sia fatto per il 70% di acqua, solo lo 0,1% di questa è accessibile per il consumo umano. Agire per tutelare le falde dall’inquinamento, ridurre gli sprechi (il 40% dell’acqua immessa in rete si disperde) e recuperare o riciclare questa preziosa risorsa in tutti gli usi è un dovere di tutti. Stai attento alla tua “impronta idrica” nella vita di tutti i giorni, piccoli gesti fatti da milioni di persone portano a grandi risparmi.

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    L’acqua di rubinetto va depurata?

    NO.

    L’acqua che esce dai rubinetti non ha bisogno di ulteriori processi di depurazione. Anzi, il consumo di un’acqua eccessivamente demineralizzata con “tecniche” o apparecchiature molto intense potrebbe portare effetti negativi nel lungo periodo per il corpo umano. Semmai ci fossero problemi di gusto – spesso associati alla presenza di cloro nelle acque – bastano piccoli accorgimenti o semplici filtri che costano poco, non alterano le caratteristiche chimico fisiche dell’acqua e le sue proprietà nutritive ma ne migliorano la sola parte organolettica.

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